21 gennaio 2021

La Fenice rinasce fra le dune: Il volo della Fenice (The Flight of the Phoenix), 1965

Nella mia idea personale di film d'aviazione, in genere non includo quelli su “sopravvissuti”, cioè quelli in cui compare un aereo solo all'inizio del film, e solo per compiere un fortunoso atterraggio di emergenza, mentre il grosso dell'azione sarà incentrato sui personaggi che muoiono, sopravvivono, si mangiano a vicenda o quel che sia.

Ci sono però eccezioni notevoli e la più notevole è Il volo della Fenice (The Flight of the Phoenix) di Robert Aldrich del 1965. I protagonisti all'inizio sono costretti a un difficile atterraggio nel deserto nordafricano (e qualcuno non sopravvive nemmeno ai titoli di testa), mentre il grosso dell'azione è incentrato sullo sforzo per ricostruire l'aereo (onde il titolo) o, meglio, per costruire un nuovo aereo più piccolo usando le parti che si riescono a salvare dall'aereo di partenza.

Uno dei protagonisti di Il volo della Fenice. Muore nella prima scena.

Il protagonista è un Fairchild C-82 Packet... No, d'accordo: il protagonista è James Stewart, nel ruolo di un pilota burbero, esperto e ormai non più giovanissimo, e quasi alla pari Hardy Krüger, nel ruolo del giovane ingegnere tedesco che concepisce l'idea di ricostruire l'apparecchio. Ma in realtà si tratta di un film corale, in cui ognuno dei circa dieci personaggi (tutti uomini, dal navigatore insicuro e dedito all'alcol reso magnificamente da Richard Attenborough a vari dipendenti della compagnia petrolifera per cui vola l'aereo, dall'ufficiale inglese integerrimo di Peter Finch e all'unico, pavido soldato al suo comando) è caratterizzato magnificamente.

Più in dettaglio, un aereo di una compagnia petrolifera diretto a Bengasi, pilotato da Frank Towns (Stewart) insieme al navigatore Lew Moran (Attenborough), è costretto da una tempesta di sabbia a un atterraggio di fortuna nel deserto. I superstiti devono razionarsi la scarsa acqua e decidere se sperare in una missione di soccorso (ma sono finiti molto fuori rotta), avviarsi a piedi, contattare un gruppo di predoni di passaggio oppure accogliere l'idea di uno dei passeggeri, l'ingegnere tedesco Heinrich Dorfmann (Krüger), di ricostruire un aereo funzionante cannibalizzando i resti del loro, usando una delle due travi di coda come nuova fusoliera, contro l'opposizione di Towns.

La prima parte della ricostruzione: sulla destra quello che diventerà l'aereo, con uno dei motori, una semiala e una trave di coda dell'originale; l'altra semiala è stata issata sulla fusoliera, a sinistra.

Fra incomprensioni, contrasti e momenti tragici, il lavoro procede, ma riserverà ancora qualche sorpresa.

Per film di minor valore o maggior notorietà non mi faccio problemi di spoiler, ma questo vi esorto vivamente a cercarlo (non confondetelo con l'inutile remake; vedi oltre) e a vederlo, perché dà varie soddisfazioni, aviatorie e no. Mi limito a dire – ci servirà fra poco – che in qualche modo alcuni dei personaggi riusciranno a decollare con il nuovo aereo, battezzato appunto Phoenix.

Si tratta di un film di aviazione atipico, in cui si vola solo nella prima e nell'ultima sequenza, ma che in realtà è interamente incentrato su un aereo, che mette nei guai i personaggi, fa loro da casa per vari giorni e, impegnandoli in un lavoro non privo di intoppi e rinascendo dai propri stessi resti come la fenice del titolo, è la loro salvezza.

Se vogliamo, è più tipico come film di Aldrich. Insieme a Quella sporca dozzina (The Dirty Dozen, 1967) e a Non è più tempo d'eroi (Too Late the Hero, 1970), è uno di quelli che lui stesso definisce in un'intervista patrol pictures, in cui “C'è un certo numero x di uomini che cercano di andare da un punto a un altro e ritorno, o da un punto a un altro sopravvivendo”.

È basato sull'omonimo romanzo di Elleston Trevor, in cui il velivolo era un immaginario “Salmon-Rees Skytruck Mark IV”.

Il Fairchild C-82 Packet era un aereo da carico, pensato in origine per le forze armate statunitensi, che però lo usarono poco. Il senso della doppia trave di coda è di rendere possibile un ampio e comodo accesso agli spazi interni. Non ebbe un enorme successo, ma lo si ritrova in ambiti molto vari, dal trasporto di mezzi da costruzione nella Berlino ovest isolata nel 1948 a usi simili a quello del film in varie parti del mondo.

Per le riprese, l'aereo protagonista fu rappresentato da vari apparecchi reali. Si usarono quattro diversi esemplari di C-82, interi o parziali: uno per le scene iniziali in volo, uno per le scene diurne girate in esterni, uno per le scene notturne girate in studio e uno per gli interni della cabina. Il Phoenix in costruzione fu realizzato con autentiche parti di un Fairchild R4Q-1 (o Fairchild C-119 Flying Boxcar, sviluppo militare del C-82, rispetto a cui ha qualche differenza, fra cui una gondola del motore più allungata).

Il Phoenix pronto per la partenza; così lo vedremo decollare.

Il Phoenix che si vede decollare è il Tallmantz Phoenix P-1, esemplare unico costruito appositamente con parti di un T-6, di un T-11 e altro; rimase distrutto durante un incidente – vedi sotto – e venne sostituito per la scena dell'arrivo all'insediamento con un North American O-47A lievemente modificato con l'aggiunta di impennaggi di coda e sci posticci (in realtà atterrava sul proprio carrello retrattile) e la rimozione del tettuccio trasparente; inoltre il fondo della fusoliera venne annerito per dargli l'aspetto più affusolato del Phoenix originario.

Il Phoenix in un momento successivo del volo; l'apparecchio usato per le riprese è ben diverso dal precedente.

Ma mentre il film finisce bene per vari dei personaggi (questo spoiler me lo consento), finì male per Paul Mantz, grande stunt pilot che portò in volo aerei in innumerevoli pellicole nel corso di circa 35 anni di carriera. Durante la lavorazione del film, l'8 luglio 1965, Mantz morì per via di un atterraggio imperfetto col Phoenix (nel corso di una serie di touch-and-go per ottenere riprese di atterraggi e decolli). È ricordato nei titoli di coda.

Un film così è ricco di aviation porn, dalla scena in cui il protagonista interpretato da James Stewart (esperto pilota nella vita vera, ricordiamo) affronta la tempesta di sabbia, ai suoi sconsolati appunti nel diario di bordo, dalla costruzione del nuovo aereo mostrata in dettaglio, fino alla difficoltà finale nell'avviare il motore: nella vita vera il C-82 usava un motorino d'avviamento elettrico, ma quello del film per esigenze drammatiche fa uso di un avviamento Coffman, che prevedeva una cartuccia la cui detonazione dava un spinta iniziale al motore. In sostanza, lo si avviava con una specie di cartuccia di fucile da caccia. Ovviamente i nostri hanno un numero limitato di cartucce e...

A meno che non siate supercompletisti, amanti dei film con personaggi meno che bidimensionali o grandi fan di Dennis Quaid, evitate il rifacimento di 2004, Il volo della Fenice (Flight of the Phoenix). Il povero Giovanni Ribisi è un bravo attore ma qui gli viene affidato un personaggio che è una caricatura mal fatta di quello di Krüger.

Oppure potreste vederlo se siete fan del Fairchild C-119 Flying Boxcar, che è il vero protagonista del remake. Come si accennava sopra, il C-119, il “vagone merci volante”, fu il successore di maggior successo del C-82, usato in una gran varietà di scenari, dalla guerra di Corea al recupero di palloni sonda.

In questo rifacimento c'è un'unica scena piacevole, dal punto di vista dell'aviation porn: quella in cui l'aereo in costruzione, della cui capacità di volare molti dubitano, è investito da un forte vento e quasi spicca il volo, ancora legato a terra, confermando la sua bontà.

Tornando al film originario, voglio concludere con quello che ne ha detto Scott Aaronson, informatico teorico e divulgatore:

Dal punto di vista di come rendere la visione del mondo e l'atteggiamento scientifici, il film migliore che ho visto è forse Il volo della Fenice del 1965

(terzo commento al post dello stesso Aaronson “On the scientific accuracy of ‘Avengers: Endgame’).

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Il volo della Fenice (The Flight of the Phoenix) di Robert Aldrich, sceneggiatura di Lukas Heller, con James Stewart, Richard Attenborough, Peter Finch, Hardy Krüger, Ernest Borgnine, Ian Bannen, Ronald Fraser, Christian Marquand, Dan Duryea, George Kennedy, Barrie Chase, USA 1965


© Daniele A. Gewurz 2021 - Pubblicato il 21.01.2021

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